"La distruzione del paesaggio è per me un lutto terribile. Bisogna indignarsi e fermare lo scempio che vede ogni area verde rimasta come un’area da edificare". (Andrea Zanzotto)

sabato 7 luglio 2012

Volantino de LaVespa a ECOMAFIE


Pubblichiamo il volantino che ieri abbiamo portato a Venezia alla presentazione-convegno di Legambiente sulle ECOMAFIE 

C&C la fabbrica dei veleni – la storia
La C&C inizia la sua attività attorno alla metà del 2002 in un capannone dismesso della ex Magrini Galileo, al confine tra i comuni di Pernumia, Battaglia Terme e Due Carrare.

La ditta si occupa del recupero di rifiuti speciali provenienti da industrie chimiche, siderurgiche e termoelettriche. Ufficialmente li dovrebbe depurare dagli elementi dannosi e convertirli in un

conglomerato cementizio, da utilizzare nella costruzione di strade, parcheggi ecc.
Ben presto le famiglie che abitano nella zona notano un intenso viavai di camion strapieni di materiale a tutte le ore del giorno, avvertono odori nauseanti e si interrogano sui fumi che fuoriescono dalle porte
sempre aperte dell’azienda, malgrado l’obbligo di chiusura emanato dal Comune di Pernumia.
Un campione di materiale caduto da un camion viene fatto analizzare da alcuni cittadini ed è riscontrata la presenza di numerose sostanze tossiche.
Anche in seguito alle sollecitazioni di un comitato spontaneo degli abitanti della zona la ditta viene sottoposta a numerosi controlli da parte dell’Arpav, durante i quali si accerta che nel materiale trattato ci sono valori di idrocarburi che superano il limite previsto dall’autorizzazione. In sostanza la C&C lavora materiali altamente
inquinati che non è autorizzata a trattare.
La provincia che ha autorizzato l’attività della ditta invia varie diffide perché siano rispettate le norme previste, ma continua a permettere alla C&C di operare, sebbene sia ormai chiaro che vi sono
numerose irregolarità nell’attività.
Il 22 febbraio 2005 il Corpo Forestale dello Stato su disposizione della magistratura che sta indagando su un traffico illegale di rifiuti tossici sequestra l’azienda, incarcerando il titolare Fabrizio Cappelletto.
L’inchiesta accerta che i rifiuti non venivano depurati dagli elementi nocivi e perciò il conglomerato cementizio prodotto dalla C&C contiene sostanze pericolose per la salute e per l’ambiente, ovvero percentuali di idrocarburi e di metalli pesanti assolutamente oltre i limiti stabiliti. Migliaia di tonnellate di questo conglomerato, spacciato per inerte, sono state utilizzate per costruire quattro chilometri di
ferrovia tra Mestre e Dolo, il cavalcavia Camerini a Padova e un parcheggio a Granze, il tutto con gravi pericoli per la salute e l’ambiente.
Bloccata l’attività della ditta e arrestati i responsabili, si pone il problema di bonificare l’area nella quale restano 52.000 tonnellate di rifiuti tossici, 2.800 delle quali si trovano fuori del capannone, esposte quindi agli agenti atmosferici con tutti i rischi che ne conseguono.
Inizia un rimpallo di competenze tra le istituzioni responsabili, perché nessuno sa dove trovare i soldi necessari alla bonifica dell’area.
Oggi, per quanto riguarda  l’enorme quantità di materiale all’interno del capannone(52000 tonnellate) non si sa ancora nulla, tranne il costo stimato per la rimozione: dai 10 ai 13 milioni di euro! Parte del materiale all’esterno è stato spostato ma ancora si aspetta la bonifica. Intanto un’enorme quantità di rifiuti tossici continua a restare vicino alle abitazioni. Oggi a sette anni dalla chiusura della ditta, la notizia che i colpevoli potrebbero uscire per prescrizione!

Ora chi pulisce? I colpevoli, NO! I padroni dei capannoni, NO! Il comune che ha dato il via, NO! La provincia, NO! Il Bacino Padova3, NO! L’ARPAV, NO! La regione, NO! LO stato, NO!
Ecco una storia esemplare, con un percorso esemplare. Dove alla fine si rischia che non ci siano colpevoli e neanche responsabili. E’ chiaro che non bastano dei cittadini che s’interessano e denunciano. Non basta un’associazione, come la nostra, attenta al territorio dove vive e che denuncia le devastazioni. Non basta l’intervento delle forze dell’ordine e della magistratura. Devono esserci prima, durante e dopo delle norme che salvaguardino la salute del cittadino. Chi fa industria nel campo dei rifiuti deve essere sottoposto a controlli pressanti e continui, deve garantire sicurezza e onestà, deve mettere a disposizione un patrimonio che possa essere usato per il ripristino dei danni prodotti.  

Per una rassegna stampa completa e per le foto della C&C visita il sito  www.lavespa.org
ASSOCIAZIONE LAVESPA  info@lavespa.org

1 commento:

  1. Descrizione perfetta.Solo, cari amici della VESPA. accanto alla chiarissima descrizione di C&C, occorrerebbero anche i nomi e cognomi accanto ai fatti che hanno causato il danno, come ha fatto Nadir WELPONER in quel di Verona. Ma quello ha rinunciato pubblicamente ad arricchirsi; di più: si è ridotto ad elemosinare un lavoro di facchinaggio.Nel ns caso non c'è interesse a sgombrare il sito perché ancora non si è aperto il varco con buone prospettive. La salute della gente che ci abita intorno, i locali per nuova occupazione è di interesse secondario, lo conferma il fatto che la questione si trascina da dieci anni, senza che si veda un lumicino (come quello di Monti) di soluzione. FORZA VESPA!.

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