Pubblichiamo il volantino che ieri abbiamo portato a Venezia alla presentazione-convegno di Legambiente sulle ECOMAFIE
C&C la fabbrica dei veleni – la storia
La C&C inizia la sua attività attorno alla
metà del 2002 in un capannone dismesso
della ex Magrini Galileo, al confine tra i comuni di Pernumia, Battaglia Terme e Due Carrare.
La ditta si occupa del recupero di rifiuti
speciali provenienti da industrie
chimiche, siderurgiche e termoelettriche. Ufficialmente li dovrebbe depurare dagli elementi dannosi e convertirli
in un
conglomerato cementizio, da utilizzare nella
costruzione di strade, parcheggi ecc.
Ben presto le famiglie che abitano nella zona
notano un intenso viavai di camion
strapieni di materiale a tutte le ore del giorno, avvertono odori nauseanti e si interrogano sui fumi che
fuoriescono dalle porte
sempre aperte dell’azienda, malgrado l’obbligo
di chiusura emanato dal Comune di
Pernumia.
Un campione di materiale caduto da un camion
viene fatto analizzare da alcuni
cittadini ed è riscontrata la presenza di numerose sostanze tossiche.
Anche in seguito alle sollecitazioni di un
comitato spontaneo degli abitanti della
zona la ditta viene sottoposta a numerosi controlli da parte dell’Arpav, durante i quali si accerta che nel
materiale trattato ci sono valori di
idrocarburi che superano il limite previsto dall’autorizzazione. In sostanza la C&C lavora materiali altamente
inquinati che non è autorizzata a trattare.
La provincia che ha autorizzato l’attività della
ditta invia varie diffide perché siano
rispettate le norme previste, ma continua a permettere alla C&C di operare, sebbene sia ormai chiaro che vi sono
numerose irregolarità nell’attività.
Il 22 febbraio 2005 il Corpo Forestale dello
Stato su disposizione della magistratura
che sta indagando su un traffico illegale di rifiuti tossici sequestra l’azienda, incarcerando il titolare Fabrizio
Cappelletto.
L’inchiesta accerta che i rifiuti non venivano
depurati dagli elementi nocivi e perciò
il conglomerato cementizio prodotto dalla C&C contiene sostanze pericolose per la salute e per l’ambiente,
ovvero percentuali di idrocarburi e di
metalli pesanti assolutamente oltre i limiti stabiliti. Migliaia di tonnellate di questo conglomerato, spacciato
per inerte, sono state utilizzate per costruire
quattro chilometri di
ferrovia tra Mestre e Dolo, il cavalcavia
Camerini a Padova e un parcheggio a
Granze, il tutto con gravi pericoli per la salute e l’ambiente.
Bloccata l’attività della ditta e arrestati i
responsabili, si pone il problema di
bonificare l’area nella quale restano 52.000 tonnellate di rifiuti tossici, 2.800 delle quali si trovano fuori
del capannone, esposte quindi agli agenti
atmosferici con tutti i rischi che ne conseguono.
Inizia un rimpallo di competenze tra le
istituzioni responsabili, perché nessuno
sa dove trovare i soldi necessari alla bonifica dell’area.
Oggi, per quanto riguarda l’enorme quantità di materiale all’interno del capannone(52000 tonnellate) non si sa
ancora nulla, tranne il costo stimato per
la rimozione: dai 10 ai 13 milioni di euro! Parte del materiale all’esterno è
stato spostato ma ancora si aspetta la bonifica. Intanto un’enorme quantità di
rifiuti tossici continua a restare vicino
alle abitazioni. Oggi a sette anni dalla chiusura della ditta, la notizia che i
colpevoli potrebbero uscire per prescrizione!
Ora chi pulisce? I
colpevoli, NO! I padroni dei capannoni, NO! Il comune che ha dato il via, NO!
La provincia, NO! Il Bacino Padova3, NO! L’ARPAV, NO! La regione, NO! LO stato,
NO!
Ecco una storia esemplare,
con un percorso esemplare. Dove alla fine si rischia che non ci siano colpevoli
e neanche responsabili. E’ chiaro che non bastano dei cittadini che
s’interessano e denunciano. Non basta un’associazione, come la nostra, attenta
al territorio dove vive e che denuncia le devastazioni. Non basta l’intervento
delle forze dell’ordine e della magistratura. Devono esserci prima, durante e
dopo delle norme che salvaguardino la salute del cittadino. Chi fa industria
nel campo dei rifiuti deve essere sottoposto a controlli pressanti e continui,
deve garantire sicurezza e onestà, deve mettere a disposizione un patrimonio
che possa essere usato per il ripristino dei danni prodotti.
Per una rassegna stampa completa e per le foto
della C&C visita il sito www.lavespa.org
ASSOCIAZIONE LAVESPA
info@lavespa.org
Descrizione perfetta.Solo, cari amici della VESPA. accanto alla chiarissima descrizione di C&C, occorrerebbero anche i nomi e cognomi accanto ai fatti che hanno causato il danno, come ha fatto Nadir WELPONER in quel di Verona. Ma quello ha rinunciato pubblicamente ad arricchirsi; di più: si è ridotto ad elemosinare un lavoro di facchinaggio.Nel ns caso non c'è interesse a sgombrare il sito perché ancora non si è aperto il varco con buone prospettive. La salute della gente che ci abita intorno, i locali per nuova occupazione è di interesse secondario, lo conferma il fatto che la questione si trascina da dieci anni, senza che si veda un lumicino (come quello di Monti) di soluzione. FORZA VESPA!.
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